Il suo contributo è stato importante per le indagini. Ha fatto il nome degli altri ragazzi, egiziani come lui, arrestati per lo stupro di Catania. Senza la sua collaborazione ci sarebbe voluto più tempo per individuarli. E invece nel giro di 48 ore le loro identità erano già note. «È tornato in struttura visibilmente turbato», racconta Angela Pennisi, responsabile area legale immigrazione di una delle comunità di accoglienza dove risiedevano due dei sette fermati. È stato il campanello di allarme. Continuava a ripetere che era successo qualcosa di grave. Poi si è confidato con uno psicologo.
Stuprata a 13 anni a Catania, il procuratore: «Violentano per vantarsi sui social e con gli amici»