Ci sono due fotografie lancinanti, nel rapporto presentato ieri all’auditorium Concordia dagli studiosi della Fondazione Nordest: primo, Friuli e Veneto dal 2000 ad oggi sono cresciute meno rispetto alle altre grandi regioni produttive d’Europa; secondo, il saldo tra giovani che se ne vanno all’estero e professionalità che entrano è negativo.
IL CONFRONTO
Il presidente Fedriga è partito da un dato: «Il Friuli Venezia Giulia - ha spiegato - è la regione che nel post-pandemia è cresciuta di più in termini di occupazione. Nel secondo trimestre dell’anno in corso il nostro territorio ha la quota di impiegati più occupata d’Italia in relazione agli abitanti. Ma è indubbio che dobbiamo mettere in campo una strategia per trattenere i nostri giovani sul territorio». Un piano che provi ad esulare dalla naturale voglia di un ragazzo di fare un’esperienza all’estero. Fatto, questo, che ha distinto anche il presidente del Veneto Luca Zaia. «Il tema - ha spiegato concretamente Fedriga - è quello di offrire ai nostri ragazzi non solo un lavoro qualsiasi, ma un lavoro che sia stimolante. Che offra davvero un’opportunità. Un anno fa abbiamo istituito un fondo per attirare le multinazionali. I giovani cercano questo: lavori competitivi con il resto d’Europa». Un passaggio, poi, anche sul ruolo degli Its nel passaggio dalla formazione al mondo del lavoro a tutti gli effetti. «Noi - ha spiegato ancora il presidente Fedriga - abbiamo scelto due priorità: la ricerca e la logistica, i nostri punti forti. Grazie a scuole come gli Its dobbiamo provare a permettere ai giovani di sognare, di rischiare. E anche di sbagliare. Vogliamo diventare attrattivi anche per i ragazzi che arrivano dall’estero o da altre regioni.
L’ALLARME
Luigi Sbarra, protagonista di qualche scambio alla pari con Fedriga e Zaia, ha però posto l’accento sul tipo di lavoro che oggi viene offerto ai giovani. «I percorsi lavorativi devono essere di qualità e soprattutto devono essere stabili. Non ci si può basare sul precariato. E non mi riferisco ai contratti a tempo determinato, importanti per garantire la flessibilità, quanto al lavoro povero, agli stage “inventati”, ai part time imposti dall’alto, ai praticanti tenuti in ostaggio dalle aziende a 400 euro al mese. Abbiamo 500mila richieste di lavoro attualmente inevase. Un’altra priorità è rappresentata dalla semplificazione dell’accesso al credito: non è pensabile che un giovane con un’ottima idea in tasca si veda rimbalzare dagli istituti di credito perché non possiede un patrimonio alle spalle».