"Sacro Gra", applausi per il
documentario di Gianfranco Rosi

Giovedì 5 Settembre 2013
Gianfranco Rosi con la figlia e la moglie a Venezia (foto Ettore Ferrari - Ansa)
VENEZIA - Pi che crisi economica oggi c' crisi di identit, cos i personaggi di Sacro Gra come se raccontassero la loro storia uscendo dal pantano quotidiano di Roma. È come se la vita sociale iniziasse fuori da questa città». Così Gianfranco Rosi, regista del documentario Sacro Gra, ultimo film in concorso per l'Italia al Festival di Venezia, parla del suo lavoro, applaudito oggi alla prima stampa. E aggiunge, sulla differenza tra documentario e fiction, che «il cinema non è altro che filmare la realtà, che può essere a sua volta vera o falsa».



Il fatto di essere in concorso con un documentario (e in compagnia del premio Oscar Errol Morris di The Unknown Known su Donald Rumsfeld) è per Rosi «un atto di coraggio da parte di Barbera che ha capito che tra fiction e documentario non c'è vera distinzione». Sulla tecnica di realizzazione di Sacro Gra che mette in campo tante storie di personaggi, incredibili quanto normali, che gravitano intorno al raccordo anulare romano (circa 64 chilometri, 31 uscite di fettuccia intorno alla capitale) «ho cercato - dice all'agenzia Ansa il regista - il più possibile di passare del tempo con loro. E poi, solo quando ho ritenuto fosse arrivato il momento giusto, li ho filmati. Ho fatto come un investimento con il tempo».



I personaggi? «Si sono come scovati da soli», continua Rosi già vincitore al Lido nel 1998 con Below Sea Level (Orizzonti). Mentre lo sviluppo delle storie ha avuto una genesi autonoma».



Nel film, che sarà in sala dal 26 settembre distribuito da Officine Ubu, scorrono tante vite. Quella del palmologo Francesco, desideroso di sapere tutto del punteruolo rosso, per combatterlo; quella di Roberto, barelliere del 118, dal cuore d'oro; quello di Filippo e Xsenia, principe e consorte che vivono nel più kitsch dei castelli dove, tra l'altro, si svolgono fotoromanzi di serie C. E ancora c'è la storia del forbito nobile piemontese decaduto che vive in un monolocale con la figlia inesorabilmente nubile e laureanda. E c'è poi quella di Cesare, l'anguillaro romano che non si spiega come mai i giornalisti parlino con tanta superficialità della sua principale fonte di reddito. Sacro Gra «non è altro che il Sacro Mistero (giocando ovviamente con l'assonanza alla parola Graal)» aggiunge il regista.
Ultimo aggiornamento: 19:10