Gli "invisibili" del Park Candiani, silenziosi nei loro sacchi a pelo blu. Nonostante gli sforzi, l'integrazione rimane difficile

In tre da giorni alloggiano nella "terra di nessuno" che dal multipiano porta alla stazione ferroviaria

Martedì 9 Aprile 2024 di A.Z.
Gli "invisibili" del Park Candiani, silenziosi nei loro sacchi a pelo blu. Nonostante gli sforzi, l'integrazione rimane difficile

PORDENONE - La porta è rimasta aperta, non socchiusa ma spalancata. Da qualche giorno il meccanismo di chiusura automatica è fuori uso e se chi è passato prima non è stato attento a richiuderlo il pesante portone in metallo, pitturato di celestino, resta aperto. Dietro quella porta, in quei due metri di terra di mezzo che collegano la stazione ferroviaria al Park Candiani, da qualche giorno hanno trovato ospitalità in tre. La loro è una presenza silenziosa, discreta.
Sabato sera erano in due, chiusi dentro i loro sacchi a pelo blu, la testa appoggiata su uno zaino che probabilmente racchiude tutti i loro averi.

I lineamenti indicano che probabilmente arrivano dal Pakistan o comunque dall’Asia meridionale. A quale destino sia andato incontro il terzo di loro è un’incognita a cui non è possibile dare risposta.


I TIMORI

“Invisibili” è la definizione che spesso si usa per chi non ha un tetto e conduce la sua esistenza ai margini della società, stando attento a disturbare il meno possibile chi condivide con lui quel pezzo di mondo. Appena scesi i gradini che dal fabbricato della stazione portano al sottopassaggio che collega la città al Candiani si sente il rumore inconfondibile. Qualcuno sta russando. Un sonno disturbato, precario. Un sonno condiviso in quella camera improvvisata che è però anche un punto di passaggio. 
Non appena si varca la soglia di quell’anfratto scatta il relè che accende a giorno il piccolo corridoio in cui trova posto anche la cabinetta rossa con il manicotto dell’antincendio. A terra, uno a destra, l’altro a sinistra, in due condividono il loro destino che li ha portati a vivere rintanati in un angolo di città in cui nessuno li nota e nessuno li disturba. La luce che si accende all’improvviso non fa schiudere gli occhi a nessuno dei due. Né il rumore della seconda porta che si apre li sveglia. 


LA CARITÀ

Difficile pensare che possano dare fastidio a qualcuno. Eppure quei sei passi tra i corpi inermi di chi si concede il riposo al termine di una giornata tormentata da chissà quali angosce non lascia indifferenti e costringe tutti a interrogarsi sulle priorità della città che ha fatto passi da gigante sul fronte del dialogo e dell’accoglienza.


L’INTEGRAZIONE

Le istituzioni, guidate dalla prefettura, hanno fatto l’impossibile in questi mesi per trovare l’intesa e consentire una soluzione più dignitosa ai migranti della Comina. Qualcosa però sfugge ancora. Qualcosa che, probabilmente perché è nascosto alla vista, viene dato per inevitabile.
Eppure dentro quei sacchi a pelo uguali, dello stesso tessuto e dello stesso colore, c’è chi non si può permettere neppure un letto a cui affidare la propria stanchezza, ma solo un pavimento calpestato per tutto il giorno dai pendolari su cui lasciarsi cadere, sfiniti.
L’unica traccia che rimane del loro passaggio sono due giornali, appoggiati sopra la manichetta antincendio. Una sorta di prenotazione di quello spazio a cui affidare di nuovo le proprie speranze di una città che prima o poi si accorga di loro e - quantomeno - ripari quella porta restituendo loro un po’ di serenità, prima ancora che di dignità.

Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 07:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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