L'avvocato Longo in aula dopo il pestaggio: «Sono svenuto, grondavo sangue»

Sabato 24 Giugno 2023 di Marco Aldighieri
Un fotogramma del momento dell'aggressione

PADOVA - Il processo per l’aggressione all’avvocato Piero Longo ieri, davanti al giudice del Tribunale monocratico Vittoria Giansanti, è entrato nel vivo. In aula, sul banco dei testimoni, si è seduta la vittima: il professore ed ex senatore di Forza Italia. Davanti al pubblico ministero Roberto D’Angelo, titolare delle indagini, Longo, difeso dall’avvocata Anna Desiderio, ha ripercorso quei terribili momenti del pestaggio del 30 settembre del 2020 subito nell’androne del pianerottolo della sua abitazione di via Tiso da Camposampiero. 
Poi è stato il turno del contro esame, da parte dei legali della commercialista Silvia Maran e dell’elettricista Luca Zanon presenti in aula.

Gli avvocati hanno puntato molto sulla pistola del professore, una Colt calibro 38, e sulla sua presunta relazione sentimentale con quella ragazza (prosciolta davanti al Gup Elena Lazzarin) che la sera dell’aggressione accompagnava i due imputati. Longo è stato investito da una serie di domande, diverse non sono state ammesse dal giudice, e un po’ alterato ha precisato: «Non sono io l’imputato, ma la vittima».

Il fatto

La sera del 30 settembre del 2020, all’interno dell’androne del suo palazzo, è stato aggredito con calci e pugni al volto, e su tutto il corpo. Inoltre, è stato afferrato con estrema forza da dietro al collo per immobilizzarlo. 
«Ho sentito suonare al citofono - ha raccontato in aula - e una voce mi ha detto “scendi porco”. Poi ho sentito un secondo trillo. Ho indossato qualcosa per scendere e ho portato con me la mia pistola Colt 38 di cui ho regolare porto d’armi. La tengo dai tempi delle Brigate Rosse, perchè venivo minacciato». Appena Longo ha aperto il portone è stato raggiunto da un calcio e da un pugno. «La prima a colpirmi è stata Maran - ha proseguito - poi sono stato spinto dentro l’androne. Zanon mi si è messo davanti e mi ha colpito, mentre Maran da dietro mi ha afferrato con forza il collo. Sono caduto a terra e da seduto ho estratto dalla tasca destra la pistola e ho sparato un colpo sul muro che avevo di fronte. Speravo desistessero, invece hanno proseguito. Grondavo sangue e sono svenuto». L’avvocato è stato portato al proto soccorso ed è stato dimesso dall’ospedale con una prognosi superiore ai 40 giorni. «Di quel pestaggio - ha sottolineato - ne porto ancora oggi i segni. Ho problemi di equilibrio e frequenti mal di testa che prima non avevo». 

La difesa

Gli avvocati dei due imputati, accusati di lesioni gravi, porto abusivo di arma da fuoco e violazione di domicilio, hanno iniziato il loro contro esame puntando subito sulla pistola e sul secondo colpo esploso nell’androne. 
«Io ho sparato un solo colpo - ha precisato Longo - il secondo o è stato esploso da uno dei due imputati o da qualcun altro». Il revolver, quella sera, è stato poi preso da Zanon fuggito insieme a Maran. Ma il punto forte della difesa è stata la presunta relazione, che il professore avrebbe avuto con quella ragazza insieme ai due imputati la sera del pestaggio quando lei era minorenne. Un’accusa pesante, tanto che all’inizio la Procura aveva indagato l’ex senatore di Forza Italia per violenza sessuale su minore. Il tutto però è stato archiviato. Secondo la difesa quello sarebbe stato il movente dell’aggressione: durante il pestaggio gli imputati hanno gridato alla vittima «Corruzione di minore». 
Piero Longo, nella sua risposta, non ha lasciato spazio a dubbi: «La giovane da piccola era stata allontana dalla sua famiglia e ospitata in una struttura a Verona perchè aveva raccontato di essere stata vittima di violenza sessuale da parte di alcuni parenti. Ma più tardi lei stessa ammise che non era vero». Il caso infatti venne archiviato. E ancora: «Con lei non ho mai avuto alcun rapporto illecito, così come non ho avuto una relazione con la sua mamma. La signora ha un negozio in via Altinate vicino al mio studio. Ci salutiamo e una volta ho difeso il suo compagno». Il professore, all’inizio della sua testimonianza, ha ricordato come nessuno dei due imputati gli abbia mai presentato le scusa e «...Un avvocato della difesa mi ha chiesto di ritirare la querela e di rinunciare alla parte civile in cambio di un risarcimento di 5mila euro. Gli ho risposto che il reato è procedibile d’ufficio e che comunque non ho nessuna intenzione di ritirare la querela».

Ultimo aggiornamento: 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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