La protesta dei contadini? Per Al Bano è sacrosanta.
Drammatica perché «a chi comanda a Bruxelles vorrei mostrare i conti della mia azienda agricola, poco più di 150 ettari, soprattutto vigne e uliveti. Se non fossi un cantante, se non portassi avanti la mia attività con i concerti, non ci starei dentro, sarei un contadino ridotto alla fame. Ma è un bollettino di guerra, tante aziende chiudono nella mia Puglia quanto nel resto d’Italia: costi alti, guadagni irrisori...». Un esempio? Facile: «Per un chilo di radicchi al produttore va una miseria, sì e no 50 centesimi, ma al dettaglio si arriva a tre euro».
La protesta
Al Bano non chiede niente ma «vorrei che quelli che legiferano senza sapere niente di agricoltura, che decidono stando al chiuso dei loro uffici, venissero a lavorare da me per qualche tempo, non dico un anno, basterebbero un paio di mesi» Al Corsera ci tiene a ricordare che «quello del contadino è un mestiere durissimo, ci si sveglia alle quattro di notte e si va nei campi con qualunque condizione meteo: freddo, caldo africano, pioggia. Niente orari, si finisce quando si deve finire e poi magari arriva una grandinata che manda all’aria il raccolto...». Oggi Al Bano dedica «280 giorni all’anno per i concerti. Il resto è sui campi. Ma il pensiero per il raccolto è continuo». Poi annuncia: «Se sarò libero, forse sarò a Roma la prossima settimana. Con il trattore»