Ambiente, colate di cemento, dissesto territoriale. L’isola verde più che l’emblema degli eccessi, è la sintesi di una incompiutezza legislativa da colmare: Ischia è la cartina di tornasole di un fenomeno che attanaglia l’Italia. La prima legge di condono edilizio risale al 1985, le altre al 1996 e al 2003: erano opportunità per sanare lo status di immobili, abitazioni, aziende.
LA FERITA
È una delle ferite aperte: i bulldozer dietro l’angolo. Pochissime demolizioni, non più del 2 per cento, sono state eseguite. Si tratta quasi sempre di prime case. La cronaca recente, poi, parla per lo più di autodemolizioni da parte dei privati. «Lo Stato è incapace di reprimere per ragioni economiche e – spiega l’avvocato - di ordine pubblico». Ma come si aggira l’impasse? «La soluzione - sottolinea Molinaro - potrebbe essere una legge volta a riabilitare, attraverso il “ravvedimento operoso” del trasgressore, gli immobili destinati ad uso residenziale e non aventi le caratteristiche di lusso. La legge sarebbe finalizzata a un effettivo contrasto dell’abusivismo edilizio e alla negazione del condono quale strumento di governo del territorio. Consentirebbe la riabilitazione e, quindi, la revoca delle sanzioni amministrative e penali solo una volta accertata l’esecuzione, da parte del trasgressore presso gli immobili interessati, di opere di prevenzione del rischio sismico e idrogeologico, di bonifica, di messa in sicurezza permanente, di miglioramento della qualità architettonica, energetica e abitativa».
La frana tragica, intanto, rilancia l’interrogativo cruciale: perché quelle case sono state costruite proprio lì? I geologi locali ricordano che l’area interessata è fuori dal «rischio sismico» ma non dai gravi rischi di collasso delle ripide dorsali montagnose. Rischi moltiplicati dalla mancata manutenzione degli alvei e delle briglie di contenimento della lava. Dove c’erano sparute case coloniche, dal Dopoguerra in poi le costruzioni si sono moltiplicate. A dispetto dei vincoli - ben undici - istituiti un po’ alla volta. Vincoli fin troppo difficili da rispettare: e perciò semplicemente ignorati, nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto controllare. Si tratta del terzo grave evento franoso in quindici anni nell’isola di Ischia. Il territorio è da sempre martoriato da eventi simili, è la sua natura geologica, in particolare il versante dell’Epomeo rivolto verso Casamicciola sembra essere epicentro di disastri naturali: alluvioni, frane, terremoti. Una terra tanto bella quanto fragile, in cui gli interventi dell’uomo non hanno aiutato a mantenerne il labile equilibrio. Eppure basterebbe poco per capirne la pericolosità, che una lettura alle cartografie esistenti rende evidente anche all’occhio inesperto tramite segni colorati rossi e blu.
MAPPA
E se questo non bastasse, ecco altre informazioni reperibili dalla app Georisk voluta dall’Ordine dei Geologi della Campania «per incentivare la consapevolezza delle aree a rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale» come sottolinea il presidente Egidio Grasso. In questo caso le aree a rischio molto elevato ed elevato sono evidenziate da sfumature di rosso, proprio a ridosso dell’area del stacco, a circa 780 metri sul monte Epomeo. Ci sono polemiche per l’ultimo condono a Ischia, la sanatoria che fu inserita nel decreto del 2018 sul ponte Morandi: gli ambientalisti contestarono il provvedimento in uno scenario di 27mila richieste di sanatoria edilizia. Oggi dicono: ennesimo disastro annunciato. Spiega Grasso: «Se la pioggia rappresenta l’elemento scatenante, la mancata manutenzione può pregiudicare l’equilibrio di quest’area così fragile. Abbiamo provato a informare quelli delle aree a rischio, senza risultati. Quando avvengono tragedie simili si cerca il colpevole, ma costruire qui è giocare alla roulette russa».