Claudio Santamaria: «Prima ero un libertino, ora sono un uomo libero. Devo tutto a mia moglie Francesca»

L’attore romano si confessa: «Da single facevo quello che volevo, ma ero solo»

Domenica 12 Novembre 2023 di Andrea Scarpa
Claudio Santamaria: «Prima ero un libertino, ora sono un uomo libero. Devo tutto a mia moglie Francesca»

«Mi sono trasformato in un cattivissimo ciociaro, forse il primo nella storia del cinema. È stato divertente, ma è un poraccio...». Al telefono da Milano, dove vive dal 2017, Claudio Santamaria, 49 anni, parla così del suo ruolo nel film, Elf Me, diretto da Younuts!, storia natalizia con Lillo - che fa Trip, un elfo costruttore di giocattoli bizzarri - Anna Foglietta, Giorgio Pasotti, Federico Ielapi, Caterina Guzzanti e Gabriele Mainetti, online su Prime dal 24 novembre.

Intorno a lui la moglie Francesca Barra, 45, con la quale ogni tanto comunica, e parte della loro famiglia-tribù (insieme hanno una figlia di un anno, Atena; lei ha altri tre figli dal primo matrimonio, lui una). 

 


Si è ispirato a qualcuno che conosce?
«No. Solo a un certo tipo di viscidume che si vede in giro. Uno di quegli italiani, vistosi e pronti a tutto, che cerca di svoltare con le furbate». 


Come ci sta in un Paese con tanta gente così?
«Mi arrabbio quando sento dire “ricordati che siamo in Italia”. Ricordatelo tu, rispondo io. Noi siamo maestri in quasi ogni campo. Dovremmo fare di tutto per essere all’altezza della nostra storia e della fortuna che abbiamo a essere nati qui».


Politicamente, dopo aver creduto al Movimento 5 Stelle - nel 2016 sostenne la candidatura di Virginia Raggi sindaco di Roma - ora come la pensa?
«Sono deluso e non mi sento rappresentato (la moglie, figlia dell’ex deputato di Alleanza Nazionale Francesco Michele Barra, nel 2018 si candidò alla Camera con il Pd ma non fu eletta, ndr)».


Qual è la prima cattiveria che ricorda di cui è stato vittima?
«Le prepotenze di quelli più grandi e grossi che da ragazzino mi costringevano ad abbozzare. Quelli che mi escludevano e non mi facevano giocare». 


Adesso, invece, che gioco sta facendo?
«Cerco di scegliere sempre. Ho appena finito di girare in inglese The Return di Uberto Pasolini, con Ralph Fiennes e Juliette Binoche. Lui è Ulisse e lei Penelope, e si racconta l’ultima parte dell’Odissea, la storia del ritorno a Itaca. Io sono Eumeo, il guardiano dei maiali di Ulisse, un eroe che stavolta ha la sindrome post-bellica. Un film che parla del presente pur raccontando vicende antiche. Oggi l’orrore della guerra lo viviamo in diretta». 


Come filtra tutto questo per i suoi figli?
«Dico loro che la guerra non è mai giusta. Evito gli shock. Cos’altro posso fare?».


Fino a 43 anni non aveva mai convissuto con una donna e adesso, dopo le nozze, si ritrova con una super famiglia allargata, visto che in due avete cinque figli: come va?
«Ho fatto da zero a cento, è vero, e va bene. È bello avere sempre questo amorevole rumore intorno. Non ho mai tempo per disperarmi». 


E cosa ha scoperto?
«Che prima pensavo di essere libero perché facevo quello che volevo, ma in realtà lo sono davvero solo adesso che ho un futuro da costruire con qualcuno. Prima ero solo un libertino senza obiettivi ingabbiato nella solitudine».


Però mettersi anche a lavorare con sua moglie non sarà troppo?
«Ci si scanna, ovviamente. È normale. Il nostro però è un rapporto forte e saldo e sappiamo recuperare quando arriviamo a dirci cose che potrebbero risultare distruttive per chiunque».


Addirittura?
«Sì. Noi sappiamo che passerà in un attimo e ne rideremo. È sempre così. È il nostro segreto di coppia e forse è per questo che prima non sono mai andato a vivere con una donna».


Insieme nel 2019 avete scritto il romanzo “La giostra delle anime”, che sembrava dovesse diventare altro, poi cosa è successo?
«Avevamo avuto contatti per trasformarlo in un film o altro ma il Covid ha bloccato tutto. Prima o poi lo riprenderemo».


Avete scritto altro?
«No. Sto cercando altre storie per un progetto personale».


Farà il regista anche lei, dopo il corto “The Millionaires” del 2016? Ormai non c’è attrice e attore che non si cimenti.
«Sì. So aspettare e sono fiducioso, non ho mai cercato di forzare il destino. È coinvolta anche mia moglie Francesca».


Come autrice o attrice?
«Autrice. Ma è ancora presto. Come attrice, invece, a settembre abbiamo girato insieme la nuova serie di Call My Agent in cui lei è bravissima. Io ho fatto il personaggio più stupido della mia carriera: me stesso...». 


E quale aspetto ha esasperato?
«Nella serie i personaggi reali sono quasi sempre una caricatura. In questo caso ci siamo concentrati su certe mie fissazioni da padre di famiglia».


Studia sempre la tromba?
«Sì, certo. Purtroppo per Francesca che mi sente». 


A quasi 50 anni sente di aver raccolto il giusto?
«Sì. Mi sento in pari. Ho faticato tantissimo, però. Il mio lavoro non è solo andare sul set e imparare la parte, ma sopportare lo stress psicologico del giudizio delle persone e le critiche». 


C’è di peggio.
«Certo. Però non è poco».


È stato spesso equivocato?
«Abbastanza. Mi dà molto fastidio essere etichettato. Anni fa una donna mi disse: “Vabbè, il tuo personaggio ormai si è capito. Sei quello buono ma timido e tormentato”. Inaccettabile. Per questo anni fa rifiutai un sacco di soldi per un ruolo che mi avrebbe trasformato in una figurina, quando io volevo e voglio essere tutto l’album. Non sono uno da mettere al guinzaglio».


Conti da saldare ne ha?
«Non tanti, ma buoni... Ma ho anche enormi sassi nelle scarpe da togliere».


La lista delle rivincite è lunga?
«Il giusto. Ho torti da riparare, persone da rimettere al loro posto e bugie da smentire».


Tipo?
«Narrazioni di me false e tendenziose».


L’hanno fatta passare per chi e quando?
«Per un genitore inaffidabile, anni fa (Santamaria ha avuto la prima figlia, Emma, 16 anni, da Delfina Delettrez Fendi, 36, oggi legata all’attore Alessandro Preziosi, 50, ndr)».


Pesante.
«Molto pesante. Alcune persone hanno cercato di mettere in giro voci gravi su di me per coprire le proprie mancanze con la complicità di salotti molto vicini a certi poteri da cui sono fuggito».


Sia più chiaro.
«Lasciamo stare».


L’ultimo stupore?
«Ogni parolina che dice mia figlia Atena». 


Che ne pensa del tema sollevato da Favino a Venezia sugli attori stranieri che interpretano personaggi italiani?
«Semplice: un attore deve essere funzionale alla storia ma anche al progetto finanziario di un film. C’è un rating, una lista dove c’è scritto quanto pubblico e soldi vale ognuno di noi. La lingua invece è una convenzione. Giulietta e Romeo di Shakespeare non parlavano in veronese... Noi italiani dobbiamo soprattutto valorizzare le nostre storie. E poi fare accordi distributivi più vantaggiosi e non prendere dieci schifezze di film per averne uno buono. Dobbiamo fare come i francesi, che si difendono benissimo».


A proposito di Shakespeare, con sua moglie farà anche teatro?
«Sì. A gennaio... (“A marzo”, dice la moglie da lontano, ndr), a marzo porteremo in scena un testo minore del Bardo, Lo stupro di Lucrezia, per denunciare le violenze sulle donne. Purtroppo ce n’è bisogno».

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