Una volta era il petrolio l’assicurazione per eccellenza contro certi sconvolgimenti geopolitici.
Ora il potere dei chip, fa di questa commodity del futuro la più strategica del mondo.
Gli Stati Uniti e l’Europa hanno una posizione solo marginale. E questo ha fatto scattare la corsa alle forniture. Non solo di energia quindi, ma anche di chip. Con l’aria che tira nel commercio mondiale, è troppo rischioso affidarne la produzione a un soggetto esterno, tanto più se di Taiwan, un’isola rivendicata dalla Cina. L’Ue ha quindi puntato sul Chips Act oltre 43 miliardi per tornare al 20% della produzione globale di chip dall’attuale 10%, Intel costruirà due fabbriche in Germania per 30 miliardi, compresi 10 di sovvenzioni, mentre TSMC investirà 40 miliardi in Arizona. Samsung spenderà 17 miliardi, ma non ha ancora piani per l’Europa. E anche l’Italia è a caccia di investimenti esteri. Quindi, bisogna puntare senza esitazione sui chip? I prezzi sono saliti già molto. Ma l’importanza strategica a lungo termine del settore giustifica un premio oltre la media storica per le imprese che hanno una proprietà intellettuale difendibile. Ma «è auspicabile la nascita di un mercato dei futures sui chip di memoria» per diversificare il portafoglio e proteggerlo come un tempo faceva il petrolio.