PERUGIA - Un coraggio quasi inumano. Tenersi dentro un orrore subito per non sconvolgere la vita in famiglia e poi riversarlo nel momento in cui si capisce che, sempre in casa, quell'orrore sta per ripetersi. Succede a Perugia, tra le pareti di una famiglia perbene.
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I FATTI
Per quegli abusi, l'uomo è stato condannato per violenza sessuale in primo grado qualche mese fa al termine di un iter giudiziario iniziato dopo la denuncia presentata dalla nipote della compagna. I fatti risalivano a sei anni prima, ma la distanza temporale oltre a non aver cancellato il dolore della giovane non ha evidentemente nemmeno scalfito le responsabilità penali del quarantenne. Che, attraverso i suoi legali, ha presentato ricorso in appello puntando sulla non attendibilità di quanto denunciato dalla ragazza.
Un'interpretazione che, come si evince dalla sentenza 97/2023 depositata lo scorso mese di luglio e comparsa nell'ultimo notiziario penale della Corte d'appello-procura generale, non ha convinto i giudici di secondo grado. Che hanno confermato la condanna. «L’attendibilità della persona offesa dal delitto di violenza sessuale non è compromessa dal decorso di tanti anni dal momento in cui erano iniziate le condotte illecite al momento della denuncia dei fatti» è la premessa della sentenza.
I giudici poi proseguono: «Nel caso di specie, la Corte d’appello confermava la sentenza di condanna dell’imputato del delitto di violenza sessuale, commesso a danno della nipote della sua compagna, la quale aveva denunciato i fatti soltanto sei anni dopo l’inizio delle violenze. La Corte riteneva che il decorso di tale termine non fosse indicativo dell’insussistenza delle condotte contestate, asseritamente frutto dell’immaginazione della persona offesa, quanto piuttosto della volontà della ragazza di non sconvolgere gli equilibri familiari; desiderio che era stato poi superato dal timore che l’imputato potesse commettere le stesse condotte nei confronti della sorella minore della vittima e che l’aveva condotta alla divulgazione dei fatti».