De Niro sfata subito le voci di una presunta ostilità sul set, durante l’incontro con la stampa internazionale: «Sono fortunato a tornare sul set con Leo, noi due abbiamo una lunga storia insieme.
«Le uccisioni – spiega Scorsese – sono avvenute anche per mano di chi si dichiarava loro miglior amico, per questo quel trauma ha ripercussioni ancora oggi. I personaggi sono persone vere e i loro discendenti vivono in quei luoghi. Per dare autenticità al racconto, ho unito la mia formazione europea all’amore per i western. Sono rimasto sui luoghi delle riprese, in Oklahoma, per il montaggio e sono venute a trovarmi mia moglie, una delle mie figlie e un nipote. Guardandoli ho capito che questo progetto non poteva e non doveva essere concepito come intrattenimento ma come una vicenda umana, con un’anima», soprattutto in tempi di guerra come i nostri che tendono a dimenticare le storie di sangue e di conseguenza permettono che si ripetano.
«L’intento – aggiunge DiCaprio – è mettere in scena qualcosa che sia il più credibile possibile. Sono passati cento anni ma quanto è successo agli Osage è ancora una sorta di tabù, di cui non si parla apertamente, mentre il mondo deve conoscere questa vicenda. Il processo che ne è seguito ha mostrato alcune atrocità di cui il mio personaggio si è macchiato, eppure pare che abbia visto la moglie anche dopo la fine del procedimento giudiziario». Ci sono contrasti e paradossi, ma sul grande schermo non suonano mai buonisti né retorici né stereotipati: «D’altronde Scorsese – conclude l’attore - non è un regista che ama operare in modo tradizionale».
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