Agnadello e Polesella, quando Venezia rischiò di capitolare

Domenica 4 Luglio 2021 di Alessandro Marzo Magno
Agnadello e Polesella, quando Venezia rischiò di capitolare

Lo stato veneziano ha rischiato per tre volte di essere spazzato via: la prima con Pipino, re dei franchi, nel 810, la seconda con i genovesi a Chioggia, nel 1380, la terza nella guerra di Cambrai dopo le rovinose sconfitte di Agnadello (maggio) e Polesella (dicembre) nel 1509.

La quarta volta, invece, il 12 maggio 1797, Venezia è stata spazzata via per davvero dai francesi, killer per conto degli austriaci.


Delle vicende legate alla guerra di inizio Cinquecento si occupa l'ultimo libro di Ettore Beggiato, La Lega di Cambrai e la Serenissima, Editrice Veneta, con prefazione di Lorenzo Del Boca. È particolarmente interessante perché oltre a narrare gli eventi, riporta anche una serie di ritratti dei protagonisti di quegli eventi, dal doge Leonardo Loredan al papa Giulio II, dal re di Francia Luigi XII all'imperatore Massimiliano I d'Asburgo. La battaglia di Agnadello, o della Ghiaradadda, viene combattuta il 9 maggio 1509, quando la retroguardia dell'esercito veneziano si imbatte nell'avanguardia di Luigi XII. Le truppe nemiche sfilano le une parallele alle altre, lungo l'alveo di un torrente in secca, sulla strada che da Pandino porta ad Agnadello, nel cremonese; i due schieramenti sono separati da un chilometro di pianura con in mezzo il corso d'acqua asciutto e l'argine. Mentre i francesi marciano in direzione di Pandino e Crema, i veneziani li controllano muovendosi in parallelo; ambedue gli eserciti procedono in colonna. È appena cominciato il pomeriggio quando si accendono le prime scaramucce, i francesi piazzano le artiglierie sull'argine, i veneziani replicano.


D'ALVIANO

Il comandante generale veneto, Niccolò Orsini, conte di Pitigliano, ingiunge di sganciarsi; ma la retroguardia è al comando di Bartolomeo d'Alviano che disubbidisce all'ordine e ingaggia i francesi. Con una personalità prorompente come Alviano alla guida, è ovvio che la battaglia si accenda subito. «Altro non se crida se non: Italia! Italia! Marco! Marco!» scrive Marin Sanudo, sottolineando che i veneziani combattono per la libertà dell'Italia contro gli stranieri. In una prima fase le sorti dello scontro sono a favore delle truppe marciane. «Poco mancò che l campo del roy non restasse disfatto per il gran animo et aspero combatere fazevano venetiani» annota il cronista milanese Ambrogio da Paullo. La rotta viene determinata dal cedimento di soli 1200 fanti bresciani. La battaglia di Agnadello, o della Ghiaradadda, cominciata verso l'una del pomeriggio, alle quattro è terminata. Alviano viene catturato e portato davanti a Luigi XII. Le truppe francesi dilagano in tutto lo stato veneziano e in seguito sopraggiungeranno gli imperiali. Venezia rischia di essere cancellata dalla carta geografica anche perché in dicembre viene nuovamente sconfitta a Polesella, sul Po, dai cannoni del duca di Ferrara, Alfonso d'Este, soprannominato il duca artigliere per la passione che metteva in questo tipo di armi. Comunque succede che le galee veneziane ormeggiate nel Po, a causa di una piena si ritrovino giusto di fronte alle bocche da fuoco ferraresi che fanno una strage. Venezia poi ne verrà fuori soprattutto grazie alla sua abilissima diplomazia. In ogni caso la guerra mette in evidenza l'appoggio popolare di cui gode la Serenissima.
Niccolò Machiavelli, non tenero con Venezia, rimane sorpreso dal fatto che i contadini di Verona preferiscano farsi ammazzare piuttosto che rinnegare la fedeltà alla repubblica: «E pure iersera ne fu uno innanzi a questo vescovo, che disse che marchesco era, e marchesco voleva morire, e non voleva vivere altrimenti; in modo che el vescovo lo fece appiccare».
 

Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 11:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci