Ci mancava anche questa.
I NUMERI
Tornando indietro nel tempo e prendendo come esempio gli ultimi tre anni, si può approssimare a circa trecento il numero di infermieri originari del Sud che sono tornati a casa con l’intera famiglia. Detto così potrebbe pure sembrare un numero relativamente basso, ma le questioni sono due. La prima che di questi tempi trovare sostituti è praticamente impossibile, almeno per andare alla pari con il numero di chi fugge, la seconda è che il fenomeno si è ingigantito nell’ultimo periodo.
IL DIRETTORE
«Il problema esiste - spiega il direttore dell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale - ma va avanti da tempo. Ora si è aggravato anche a fronte del fatto che infermieri- e non solo - non se ne trovano. Non sono in grado di quantificare nel dettaglio il fenomeno, ma posso però dire che sono numeri significativi in un momento in cui c’è una carenza di organici con la difficoltà a tornare a regime».
LE MOTIVAZIONI
Sono diverse le motivazioni per cui gli infermieri originari del Sud tornano a casa. Intanto nell’ultimo anno il costo della vita, con l’impennata dell’inflazione si è alzato di parecchio. Al Sud, non ci sono dubbi, la vita costa decisamente meno. E questo è il primo motivo. Ci sono poi questioni di organizzazione della vita quotidiana. Chi se n’è andato ha lasciato a casa i familiari, i parenti e gli amici della giovinezza. Facile immaginare, quindi, che l’aiuto della famiglia è fondamentale per tenere i figli in caso di necessità senza ricorrere a baby sitter che deve essere pagata e per appoggiarsi a loro. Ultimo, ma non certo per importanza, il fatto che le origini sono impossibili da dimenticare. Resta il fatto che questo fenomeno sta mettendo ulteriormente in crisi la sanità regionale.
DOVE TORNANO
Il motivo per cui nell’ultimo periodo c’è stata una accelerazione è spiegato da fatto che in almeno tre grosse regioni del Sud, la Sicilia, la Puglia e la Calabria, si sono aperte diverse posizioni sul fronte degli infermieri, in tutti i settori, merito anche del Pnrr che ha permesso di investire su strutture e apparecchiature che hanno bisogno di personale. Da qui i bandi aperti e la partecipazione degli infermieri che da anni si erano trasferiti al Nord. C’è da aggiungere che se ne vanno persone già formate, lavoratori esperti che sanno fare il loro lavoro. Il danno per le strutture friulane, quindi, è doppio.
I NEI LAUREATI
L’ultimo segnale arriva dai corsi di laurea degli infermieri che sono la prima linfa per rinforzare i reparti ospedalieri. Ebbene, l’ultimo corso ha laureato una quarantina di giovani che hanno iniziato il percorso lavorativo. Di questi solo una dozzina sono rimasti in Friuli, gli altri se ne sono andati. A novembre si laureeranno altri 35. Di questi meno della metà andrà ad ingrossare le fila nelle strutture locali.