Didattica a distanza per punizione a un ragazzino, ecco perché: «Troppi comportamenti gravi»

Venerdì 3 Maggio 2024 di Marco Agrusti
Una classe


PORDENONE - Una decisione che viene definita «sofferta», ma «presa all’unanimità».

E soprattutto per tutelare sia il diritto allo studio dell’alunno costretto a seguire le lezioni da casa per motivi disciplinari, sia quello dei suoi compagni di classe. Sono contorni preoccupanti, quelli tracciati dal consiglio d’istituto della scuola pordenonese che alcuni giorni fa ha deliberato una decisione rara e contestata: lo spostamento in dad di uno studente particolarmente turbolento. E nella replica dell’istituto scolastico cittadino, che non identifichiamo per tutelare la privacy del minorenne coinvolto nella vicenda, si parla apertamente di «comportamenti decisamente più gravi di quelli descritto». 


UNA LUNGA SERIE


Non «qualche marachella». Secondo i vertici della scuola pordenonese finita al centro della cronaca, quelli tenuti dal ragazzino spedito in dad fino a fine anno sono stati comportamenti gravi e reiterati. «In merito ai fatti riportati - si legge nella replica - il consiglio di istituto – nel rispetto della privacy dell’alunno e della sua famiglia – si limita ad osservare che, nell’adottare la sanzione in questione, frutto di un comportamento decisamente più grave di quello descritto si è ovviamente e doverosamente valutata tutta la storia personale dell’alunno in questione, la complessiva condotta tenuta nel corso dell’anno scolastico, il numero e la gravità dei comportamenti non consoni all’ambiente scolastico, l’entità ed il numero dei provvedimenti disciplinari già adottati». Come riportato, infatti, l’allievo della scuola pordenonese era già stato sospeso due volte nel corso del singolo anno corrente, per un totale di venti giorni. 
«La delibera - spiega ancora la scuola - è stata presa all’unanimità e che la decisione, seppur sofferta, permette ai compagni di classe e all’alunno in questione di poter seguire serenamente e regolarmente le lezioni, in attuazione del diritto allo studio che lo Stato deve non solo all’alunno in questione ma anche agli altri studenti». 


LE AZIONI


Parallelamente, la scuola ha compiuto anche altri passi. E lo ha fatto su diversi piani. Ad esempio muovendosi con il Comune. «Si sottolinea inoltre che la dirigenza ha interessato del caso anche i servizi sociali e l’ufficio politiche giovanili del Comune di pertinenza - viene spiegato dai vertici dell’istituto -. Ciò a dimostrazione che l’istituzione scolastica è pienamente consapevole dei propri doveri all’interno della comunità educante. Tale comunità è però costituita – ed è bene ricordarlo – anche dagli alunni e dalle loro famiglie. Spiace constatare, invece, che sempre più spesso la scuola sia chiamata a ricoprire ruoli e funzioni che non le competono. Quando, invece di cercare una strada collaborativa, fatta anche di momenti critici e difficili, si decide di denigrare l’istituzione scolastica. Allora si procura un danno non alla singola scuola ma alle istituzioni nel loro complesso, ai dirigenti, ai docenti, al personale Ata e, soprattutto, agli alunni, alle alunne e alle famiglie che a tale istituzione affidano il loro bene più prezioso». 


IL CONTESTO


L’organo collegiale ha deciso che il ragazzo non poteva più frequentare le lezioni con gli altri compagni di classe. È stato giudicato come un elemento di disturbo e dopo le due sospensioni si è arrivati a un provvedimento più unico che raro. «Mi sono rivolta ad un avvocato - aveva reagito la madre dell’alunno pordenonese -, perché quello che ci ha arrecato la scuola è un danno a tutti gli effetti. Un danno per mio figlio ma anche per me, dal momento che ho un lavoro e che ho dovuto assumere una persona in grado di stare con mio figlio durante le ore di lezione a distanza». L’allievo ora sta studiando da casa e dovrà farlo fino agli esami, ultimo giorno di scuola incluso. 

Ultimo aggiornamento: 10:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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