Padova. Bombardamento distrusse le opere del Mantegna, saranno riportate alla vita grazie all'intelligenza artificiale

Era l'11 marzo 1944, ottant'anni fa, data rimasta drammaticamente impressa nella storia della città

Lunedì 11 Marzo 2024 di Nicoletta Cozza
La conferenza stampa

PADOVA - Un violento bombardamento provocò danni gravissimi alla chiesa degli Eremitani, ricostruita poi dopo la guerra. Conseguenze irreparabili, però, al suo interno riportarono la Cappella Dotto e quella degli Ovetari, fulcro del Rinascimento padovano, dove Andrea Mantegna aveva realizzato il suo capolavoro distrutto da un ordigno sganciato dagli Alleati: si salvarono solo "l'Assunta" (dietro l'altare), il "Martirio e funerali di San Cristoforo" (a destra), staccati e messi in sicurezza in precedenza. Era l'11 marzo 1944, ottant'anni fa, data rimasta drammaticamente impressa nella storia della città. E solo una circostanza fortuita ha salvato dalle bombe la Cappella degli Scrovegni con il ciclo di Giotto. Ieri pomeriggio, quindi, per conservare la memoria dell'episodio in cui gli affreschi di Mantegna vennero ridotti in frammenti (in mezzo ai quali fu trovato il corpo di un cittadino che aveva cercato rifugio nella chiesa, oggi terza tappa dell'Urbs Picta) nell'ambito di un progetto ideato da Marco Fantacuzzi che ha visto insieme Comune, Cinema Key e Nova Symphonia Patavina, sono stati organizzati vari eventi tra cui un percorso musicale, culminati poi in un convegno in sala del Romanino, che ha visto tra i relatori l'assessore alla Cultura, Andrea Colasio; Francesca Veronese, direttore del Museo; Gilda Rota, presidente del Club Unesco; Stefano Zaggia, docente del Bo; Vittorio Dal Piaz, architetto; Giulio Pietrobelli, storico dell'arte, ed Emanuele Meleleo, comandante del Nucleo carabinieri tutela patrimonio artistico di Venezia.

Al termine un reading teatrale con l'attore Giancarlo Previati e la proiezione di un corto di Moira Campagnaro e Luca Canazza.

La storia

Oggi si ha un'idea di come fosse la Cappella degli Ovetari guardando le foto dell'epoca in bianco e nero e osservando i frammenti riposizionati dagli esperti dell'Università e della Soprintendenza, i quali si sono avvalsi di tecnologie computerizzate per ri-collocare quelli di dimensioni maggiori: il "Progetto Mantegna" è terminato nel 2006, per celebrare i 500 anni dalla morte del pittore. Gli altri "pezzetti" dell'opera del Maestro, nato a Isola di Carturo, sono all'interno di casse custodite in chiesa e l'auspicio è che possano tornare anch'essi sulle pareti, utilizzando l'Intelligenza artificiale (AI).

Intelligenza artificiale

«Il vero obiettivo - ha ricordato Colasio - era la ferrovia. Bombardamenti ce ne furono molti su Padova, ma quello dell'11 marzo 1944 fu particolarmente drammatico. La bomba incendiaria sganciata sugli Eremitani distrusse il capolavoro di Mantegna e lo stesso giorno venne colpito anche San Benedetto, mentre tra dicembre 1943 e il 1945 divennero bersagli pure il Battistero del duomo, Palazzo della ragione, il Liviano, il Sacro Cuore, le Dimesse, il convento dei Cappuccini, la scuola del Carmine, il Bastione Impossibile e poi l'Arcella, con mille morti. Le abitazioni distrutte furono 950, 1.400 quelle danneggiate e duemila le vittime. La distruzione degli Ovetari però, assieme all'incendio dell'abbazia Montecassino, rappresenta il culmine del disastro per il patrimonio culturale italiano. Quel giorno, tra l'altro, sui cieli di Padova ci fu l'incursione aerea con il maggior numero di squadroni: quasi 130 i velivoli che scaricarono oltre 100 tonnellate di bombe. È un atto dovuto, quindi, pensare cosa significò il momento in cui perdemmo la Cappella degli Ovetari, quella della famiglia Dotto affrescata da Altichiero, e l'abside decorato da Guariento, che oggi farebbero parte dell'Urbs Picta».
«Padova - ha ricordato Veronese - era stata sottovalutata, considerata marginale dal punto di vista artistico-culturale e quindi gli Eremitani sono stati massacrati nel tentativo di centrare la stazione. Degli affreschi di Mantegna sono stati recuperati centinaia di frammenti delle dimensioni di un francobollo, parte dei quali è stata riposizionata. I padovani di fronte a questo scempio ne avevano recuperati alcuni per preservare dalla distruzione il patrimonio culturale che è un elemento identitario. Era stata bombardata anche una porzione del convento, l'attuale chiostro Albini, ricostruito poi, anche se è rimasta in sospeso la questione del corpo d'ingresso, oggetto attualmente di dibattito». 

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