Attentato di Vigonza. L'imprenditore della Rosetta Maschio, Teo Arcolin: «Chi ci accusa sbaglia, siamo estranei a tutto»

Teo Arcolin, 35 anni, è il figlio della proprietaria della ditta Rosetta Maschio che con il Comune ha un contenzioso per un abuso edilizio

Martedì 7 Maggio 2024 di Nicola Munaro
L'attentato, Teo Arcolin

VIGONZA (PADOVA) - Secondo la ragione sociale dell’azienda, Teo Arcolin, 35 anni, figlio della proprietaria, è il collaboratore familiare della Rosetta Maschio, la ditta di trasporti di via Rigato (la stessa strada in cui si sono verificati i due attentati incendiari), sconfitta al Tar e al Consiglio di Stato dal Comune di Vigonza per un abuso edilizio.

Oltre alla battaglia legale con il Comune, l'azienda si trova da anni al centro delle accese proteste dei residenti della strada, con tanto di petizione consegnata in Municipio. Ora gli imprenditori decidono di intervenire per prendere le distanze da qualunque possibile accusa in merito ai roghi dolosi.

Arcolin, perché vi sentite coinvolti?
«Ci siamo sentiti tirare in ballo perché il sindaco ha fatto riferimento a una ditta di trasporti in via Rigato e ad una sentenza di Cassazione che noi abbiamo appellato anche in Europa perché quella è una zona commerciale in zona impropria. È talmente circoscritta la descrizione dell'azienda che non si può non capire chi sia, in questi giorni ci sono state accuse infamanti. Ho paura, vado in quartiere e mi guardano male, mi gridano “bastardo”. Siamo arrivati convinti di far del bene al territorio bonificando una zona che un giudice ha definito come una discarica abusiva e attorno alla quale c’era anche lo spaccio».

Commenti su quanto successo?
«Sono il primo a dire che è un fatto grave ma lasciamo lavorare i carabinieri: non capisco perché un’azienda come la nostra debba essere tirata in ballo, ci siamo sentiti trattati come dei criminali. Mi sento violentato. Avrei voluto far vedere cos’era questo posto prima del nostro arrivo, mi sento violentato».

Siete stati voi?
«Assolutamente no, non c’entriamo con l'incendio: noi, da quando il Comune ha deciso di andare per le vie legali abbiamo speso migliaia di euro di avvocati e ci siamo avvalsi dei migliori legali perché volevamo capire se avessimo ragione o meno».

E con l’incendio della catasta di legno?
«No, nemmeno lo sapevo: l’ho saputo in questi giorni».

C’è poi la vicenda del sospetto speronamento dell’auto di Ferrara. Com’è andata?
«Io e quella che poi sarebbe diventata mia moglie avevamo finito tardi di lavorare, abbiamo preso i cani e le ho proposto di andare a prendere una pizza in un locale tra Peraga e il centro di Vigonza. Arriviamo alla pizzeria e vediamo che all’esterno c’è il geometra Ferrara, così decidiamo di andarcene. Nel girarci con la macchina ce lo troviamo davanti con la sua auto e sia noi che lui andiamo in via Rigato, per quello lo seguiamo. Per me la cosa era finita lì ma il giorno dopo mi chiama il sindaco di Campodarsego e mi chiede come mai ho seguito Ferrara e ho provato a speronarlo, gli ho risposto che non ne sapevo nulla e che non l’avrei mai fatto, non avrebbe avuto senso».

Che rapporti ha con il geometra?
«Con Ferrara non ho rapporti: l'unica volta in cui siamo riusciti a parlarci, c’era la vecchia amministrazione, Ferrara esordendo ci disse “voi non capite nulla se non sapete leggere i documenti”. Noi rispondemmo che il tribunale e la Provincia ci avevano dato il via libera a procedere con lo sgombero dell’area, poi non si ebbe più modo di parlare. Una volta andai in Comune per un colloquio con l’assessore Marco Polato, incrociando Ferrara e gli dissi “si può sapere cosa vuoi da me?”. Lui chiamò la polizia locale per accompagnarmi fuori dal Comune».

E le minacce denunciate?
«Non gli abbiamo nemmeno mai detto “te la faremo pagare” perché se c'è un problema ci sono le sedi dove affrontarlo: perché mi devo andare a impelagare con un soggetto del genere».

Vi siete più rivisti dopo l’attentato?
«Mai».

E con gli altri residenti di via Rigato?
«Ci fanno gli sberleffi. Di quella strada percorriamo 700 metri ma noi abbiamo poco a che fare con i residenti. La nostra vicina di casa con cui siamo in causa civile, ha denunciato anche mia moglie ma il fascicolo l'hanno archiviato. Ci accusano di incutere timore? Ma quale? Mia mamma offre il caffè a tutti. Volevo comprare casa a Vigonza ma con questo stato d’animo sono andato via da lì e mi sono trasferito vicino: ci hanno massacrati sul profilo legale».

Che futuro vede?
«La tenebra, cosa ti rimane di cinque anni di lavoro, del lavoro dei miei genitori. Viviamo l'azienda come una piccola Spa dove siamo molto rigidi. Mia mamma dà le linee di indirizzo, io seguo tutta la parte del personale e mio padre fa la manutenzione. Durante il Covid non abbiamo mai messo nessuno in cassa-integrazione, ci siamo detti: “quando prenderanno i soldi?”. Anche con la guerra in Ucraina abbiamo avuto problemi e malgrado tutto ciò cerchiamo di stare vivi».

Vi sentite vittime?
«Stiamo pagando, in qualche misura, perché abbiamo deciso di scontrarci col Comune. A Vigonza ci sono situazioni molto più gravi. Noi abbiamo speso migliaia di euro per fare la analisi sulle falde del nostro parcheggio, area che, ripeto, abbiamo sistemato. Ho paura perché vedo un 35enne che si scontra con un sistema marcio».

È stato indetto un Consiglio comunale straordinario sull’incendio, ci andrà?
«Certo. Ho già provato ad andare e ho chiesto di intervenire e quando sono andato, con la passata giunta, sono stato piantonato da due della polizia locale e non mi hanno fatto parlare».

Ci riproverà?
«Se mi lasciano, sì. Siamo persone che amano il territorio: ho anche proposto di fare della zona nostra un parcheggio durante la sagra».

Ultimo aggiornamento: 15:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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