LA LETTERA
Buongiorno Michela, mi chiamo Emanuele, sono un uomo di 64 anni e anch’io ho da rappresentare un matrimonio tossico. Non sono polemico, ma si parla spesso (perché i casi sono maggiori e perché non sono rappresentati) del maltrattamento femminile, che preciso aborrisco decisamente. E senza dilungarmi nel racconto, posso dire che buona parte dei fatti accaduti alla signora Letizia li ho subiti anch’io da mia moglie. Adesso ho intrapreso la strada della separazione perché dopo 17 anni di unione è giunto il momento di dire basta. Ho scoperto in questo ultimo mese, parlando con un mio carissimo amico, che esistono persone tossiche, e documentandomi ho rivissuto tutto quello che ho subito. Concludo, rappresentando la mia solidarietà nei confronti di tutte le donne che sono prigioniere di questi mostri.
Emanuele, un uomo di 64 anni ha sopportato un lungo «matrimonio tossico», come l’ha definito, e adesso ha detto basta.
LA RISPOSTA
Gentile Emanuele, grazie: la tua voce è importante. Perché è necessario ribadire che il male non ha appartenenza di genere: un abuso è un abuso. Perché per proteggere la salute mentale è necessario riconoscere un rapporto per quello che è e avere la forza di uscire dalla propria zona comfort (che magari di comfort non ha più niente) a costo di disattendere un progetto di vita se in nessun modo assomiglia alla vita desiderata. E perché è fondamentale, in questo momento, confrontarsi sulla deriva dei rapporti che sempre più spesso si ammalano fino a diventare tossici. Ce lo dicono i forum affollati, i profili Instagram e TikTok di terapeuti e coach che operano sul tema in continuo aumento, la vita delle coppie che ci circondano: compresa quella dei nostri capi di Stato. È incredibile tuttavia quanto poco si sappia dei rapporti tossici prima di viverne uno: mi occupo da sempre di esseri umani ma, come tutti, quando mi ritrovo in una relazione malata, fatico a riconoscerla. Nonostante i trent’anni di terapia non sono una psicologa e non saprei riconoscere una persona “tossica” a occhio nudo, nemmeno se si tratta di me.
L’avessi saputo fare, mi sarei evitata un paio di appuntamenti. Forse basterebbe ricordare che un partner deve meritare il nostro amore, nel senso che quando l’altro ci manca di rispetto o ci ritroviamo a mancargli di rispetto, bisogna riconoscere che c’è qualcosa che non va e che non si aggiusta da solo. Per questo, piuttosto che di persone, preferisco parlare di relazioni tossiche: si instaurano anche tra persone sane che innescano dinamiche malsane. Qualcuno ha detto che una storia d’amore è sempre un incastro di due malattie. È vero che, quando si ama, dell’altro si dovrebbero accogliere anche le parti ferite, ma per accarezzarle, non per alimentarle. Troppe farfalle nello stomaco provocano gastriti. Distruggersi è voce del verbo contrario ad amarsi. Sarebbe bene che smettessimo di romanticizzare il disagio, l’ansia, la tensione in una coppia: un rapporto tormentato non è intenso, è malato. Non che l’obiettivo sia appiattire i sentimenti, ma certo l’amore dovrebbe essere una cosa semplice, come ha ben scritto Tiziano Ferro, che oggi, come molti di noi, sta affrontando una separazione. Le emozioni andrebbero insegnate nelle scuole: è l’educazione sentimentale che ci manca. Dovremmo essere allenati a riconoscere come ci sentiamo e imparare a cambiare gli schemi che ci fanno soffrire. Non mi fai domande, Emanuele, ma ho voglia di dirti, perché ne ho esperienza, che quando si riprende a respirare aria dopo aver nuotato in apnea sotto l’acqua dello sgomento, del rammarico, della rabbia e della delusione, tutto diventa una occasione di rinascita. Abbracciare il cambiamento fa bene alle cellule. Come dice una mia cara amica, il dolore fa affrontato a livello molecolare. Ha a che fare con l’uso della creatività, ma applicata alla vita: bisogna ripensarsi nuovi. Poi certo, si incontrano anche quelli che a Roma definiamo “stronzi col botto”. Invisibili ad una prima occhiata, lasciano un pessimo segno sulla lunga durata e vanno lasciati andare proprio come hai fatto tu. Tanto li vedrai passare un giorno dalla famosa riva del fiume, a meno che quel giorno non avrai voglia di andare al mare. Te lo auguro. E spero che Letizia accetti il tuo invito. Dammi tue.