Ai militari della Marina bastava pagare una mazzetta per vedere lievitare la propria pensione o il trattamento di fine servizio.
«Direttamente o per il tramite di terzi collaboratori che hanno agito dietro le sue indicazioni - si legge nel decreto di sequestro depositato lo scorso 28 marzo - si introduceva abusivamente nelle piattaforme informatiche, maggiorando gli importi delle retribuzioni, delle indennità speciali, delle altre voci del Tfs e delle pensioni» di almeno 17 colleghi. Restivo, secondo il gip, «ha fatto mercimonio della cosa pubblica per fruire di illeciti profitti dagli accordi di natura corruttiva con i militari». Ognuno di loro arrivava a pagare fino a 15mila euro di tangente. Basti pensare che dal 25 febbraio all’11 marzo 2021 ha ricevuto versamenti in contanti per un totale di 21.150 euro. Dall’analisi delle chat Whatsapp estrapolate dal cellulare del maresciallo corrotto e dei documenti della commissione medica della Marina - relativi alla determinazione di “non idoneità al servizio” di 70 militari - si è maggiormente rafforzato il quadro probatorio.
IL SISTEMA
Ecco i dettagli del raggiro scoperto dai finanzieri del nucleo Pef di Roma, coordinati dal pubblico ministero Carlo Villani. I fatti vanno dal 2015 al 2020. I clienti erano tutti colleghi prossimi al congedo, interessati alla possibilità di aumentare il proprio vitalizio. Se accettavano di pagare, scattava la truffa all’Inps. Restivo «sistematicamente predisponeva documenti falsi - si legge nel decreto - idonei a indurre in errore gli uffici dell’Inps, che di conseguenza liquidavano somme non dovute o maggiorate ai beneficiari militari della Marina Militare in servizio o non, i quali, a loro volta, corrispondevano illecite utilità al pubblico ufficiale». Dai documenti contabili falsi risultava un imponibile complessivo diverso da quello reale. L’importo veniva praticamente raddoppiato con diversi trucchi. Per esempio, gli stipendi erogati in lire venivano trasformati in pagamenti in euro, mantenendo la stessa cifra, senza tenere conto del valore di cambio. Ciò incideva sia sul trattamento pensionistico che sulle buone uscite.
LE INTERCETTAZIONI
Dalle intercettazioni è emerso che la parte più difficile del lavoro era riscuotere il denaro. «Mi ha fatto arrivare a Campagnano, in una zona deserta, con l’auto di servizio tutti mi guardavano», racconta Restivo. Nelle conversazioni captate, i frequenti riferimenti a «un caffè» da prendere con diversi conoscenti, per l’accusa, erano un modo per cercare di mascherare gli appuntamenti in cui riscuotere le presunte tangenti. Ma non è tutto. Gli indagati si sarebbero anche «adoperati per sottrarre, occultare o distruggere la documentazione originale cartacea relativa ad alcuni militari». «Umbé non fare il pensionato che non capisci. Quando abbiamo fatto l’ultima rideterminazione, poi l’abbiamo fatta sparire! Per non tenere traccia, hai capito?», spiegava Restivo al suo collega complice. Invece, a uno dei militari corruttori, scriveva: «Forse riesco a farti un “regalo” e cioè devo vedere se posso aumentare, di poco, nel mese di giugno la tua pensione». Il 13 novembre 2021, però, il maresciallo infedele riceve un messaggio minatorio da uno degli indagati: «Dopo tanto tempo di indagini, mi hanno dato conferma della sola (fregatura, ndr) che mi hai dato. Se entro il 19 di questo mese non mi ridai i miei 6.200 euro che ti sei appropriato con la tua cazz...a, io il giorno stesso andrò dai carabinieri a denunciare tutto».