L'Europa e l'incubo guerra: «Preparate i cittadini». Consiglio Ue diviso sugli Eurobond per l’acquisto delle armi

L’allerta per le popolazioni: «Serve una formazione militare e civile coordinata»

Giovedì 21 Marzo 2024 di Gabriele Rosana
L'Europa e l'incubo guerra: «Preparate i cittadini». Consiglio Ue diviso sugli Eurobond per l’acquisto delle armi

I frugali tornano alla carica.

Determinati a evitare ogni fuga in avanti dell’Europa sui bond comuni per la difesa. E a dire no, insomma, al piano di dotare l’Unione di un nuovo Recovery, che sia stavolta per le armi. La due giorni del summit dei leader Ue si apre oggi a Bruxelles con un’agenda fitta di temi di politica internazionale: a dominare sono le guerre, in Ucraina e nella Striscia di Gaza; sullo sfondo, il quinto mandato di Vladimir Putin al Cremlino. È in questo contesto che i Ventisette proveranno a tradurre in concreto un proposito diventato obiettivo ineluttabile nelle ultime settimane: bisogna spendere «di più, meglio e insieme» per la sicurezza del continente «e passare alla modalità economia di guerra». Con un imperativo nuovo: «Preparare i cittadini a possibili crisi di sicurezza».

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GLI SCENARI
Il tutto specie se a novembre Donald Trump tornerà alla Casa Bianca e inaugurerà un nuovo corso transatlantico improntato all’isolazionismo. Come d’abitudine, i leader Ue arrivano, tuttavia, divisi all’appuntamento, e con idee diverse su come trovare i soldi per la difesa comune. La Germania – riferiscono fonti diplomatiche europee – ha riunito una pattuglia di frugali del Nord, tra cui Paesi Bassi, Danimarca e Svezia, per tirare il freno rispetto all’ipotesi di fare nuovamente debito comune Ue come durante la pandemia. L’obiettivo, stavolta, non sarebbe quello di sostenere le economie in ginocchio, ma semmai la corsa al riarmo per ripopolare gli arsenali dell’Ue e garantire così commesse sicure su tempi certi per le aziende europee. L’Estonia, che confina con la Russia, era stata la prima a proporre l’idea di bond per la difesa, determinando una prima spaccatura nel classico fronte della responsabilità di bilancio. 

Ma veniamo alla trattativa diplomatica. Una precedente bozza delle conclusioni, che devono essere approvate all’unanimità dai capi di Stato e di governo, si soffermava sull’eventualità di sostenere il potenziamento dell’industria Ue attraverso «strumenti innovativi», una formulazione sufficientemente ambiziosa che alluderebbe, appunto, anche al ricorso a un nuovo Recovery, con la Commissione incaricata di collocare sui mercati finanziari Eurobond garantiti dai Ventisette e raccogliere così le risorse necessarie a potenziare la difesa comune. L’ultima versione del documento finale, visionata dal Messaggero, segna però un mezzo passo indietro: depennato il riferimento agli «strumenti innovativi», la menzione viene sostituita da un più generico e interlocutorio incarico alla Commissione Ue a preparare una lista di «possibili opzioni» da valutare per finanziare l’Europa che si riarma. Insomma, un catenaccio Ue in piena regola. 

IL PIANO B
Certo, tra queste ipotesi potranno apparire gli Eurobond, ma si fa strada un piano B, percorribile da subito: che a fare debito comune non sia l’Ue in blocco, ma, su base volontaria, un raggruppamento di Stati decisi a ricorrere agli appalti congiunti per gli armamenti. Mini-alleanze di governi così organizzate potrebbero emettere dei “project bond”, ma questi titoli del debito sarebbero meno pregiati per i mercati rispetto agli Eurobond a 27. Perché, allora, la ferma opposizione? Gli olandesi sono stati i più espliciti: la minaccia per la sicurezza non è, come lo fu la pandemia, uno shock imprevisto e immediato, ma semmai una questione strutturale che non ha bisogno di soluzioni emergenziali. C’è più sintonia, invece, sul tema del ruolo della Bei, la Banca europea per gli investimenti, alla quale ben 14 governi Ue (compresi tedeschi e olandesi, insieme a italiani, francesi e polacchi) vogliono adesso mettere l’elmetto: si tratta, cioè, di far sì che la Bei dia priorità ai progetti per la difesa, spingendosi anche in territorio più marcatamente militare. E nel capitolo delle conclusioni dedicato alla sicurezza, c’è spazio anche per un passaggio che polarizza le opinioni (un alto diplomatico ha detto senza troppi giri di parole che si trova «fuori posto»): riguarda l’esigenza «imperativa» di garantire una «preparazione militare-civile rafforzata nonché coordinata» tra i Paesi Ue in caso di crisi, tema su cui nei giorni scorsi aveva insistito la Finlandia. Stiamo, però, parlando di un ambito che è tradizionalmente appannaggio degli Stati, che su di esso vogliono mantenere il controllo: per l’Italia, chiama ad esempio in causa le attività dell’Unita di crisi della Farnesina. Ieri, intanto, dopo un lungo braccio di ferro con i suoi servizi giuridici, la Commissione Ue ha presentato il piano con cui intende riutilizzare i profitti generati dagli asset russi congelati sul territorio Ue: circa tre miliardi di euro all’anno, il 90% dei quali sarà destinato da subito alla fornitura di nuove armi all’Ucraina. Anche questo un punto indigesto per alcuni Stati, come la neutrale Malta.


 

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