Tagli dei ministeri, dai migranti al trojan: tutti i numeri. Caccia ai fondi anche da giustizia e scuola

Caccia ai fondi anche da giustizia e scuola

Venerdì 26 Aprile 2024 di Francesco Bechis
Tagli dei ministeri, dai migranti al trojan: tutti i numeri. Caccia ai fondi anche da giustizia e scuola

Come va la spending review? Tutto in regola, o quasi, a sentire i ministri del governo Meloni, interrogati da Giancarlo Giorgetti. Tre miliardi e mezzo di euro: a tanto ammontano i tagli messi in cantiere dal Def del 2022, l’ultimo targato Mario Draghi, per il triennio 2023-2025.

Altri due miliardi di euro di tagli sulla spesa discrezionale dei dicasteri per il 2024 sono stati chiesti ora dal titolare del Mef ai suoi colleghi, come anticipato dal Messaggero. Le relazioni sono attese a Via XX Settembre e c’è da scommettere che su questa nuova mannaia - necessaria come il pane per ritagliare un po’ di spazio per una manovra, la terza di Meloni, che si preannuncia stringata per le tante incombenze, dall’inflazione alle crisi internazionali - il tiro alla fune andrà avanti a lungo. Intanto i ministri aggiornano Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia sullo stato dei lavori.

Gli imprevisti

Qualcuno chiede deroghe, prende tempo. In pochi ammettono ritardi e complicazioni. E chi lo fa, lancia la palla in tribuna. Matteo Salvini mette le mani avanti su un’autostrada che il governo italiano dovrebbe costruire in Libia. L’aveva promessa nel lontano 2008 Berlusconi a Gheddafi, il colonnello della «grande Giamahiria araba libica popolare socialista», quest’anno bisognerebbe snellire i finanziamenti di 50 milioni di euro per il 2024, ma c’è la guerra civile e chissà se si può fare. Carlo Nordio ammette che le intercettazioni costano troppo alle casse dello Stato, bisogna mettere un tetto al prezzo e possibilmente non abusarne.

Peccato che i pm italiani abbiano una predilezione per le intercettazioni telematiche - il famigerato Trojan - che guarda caso sono anche le più costose, sicché i tagli sono in stand-by. E poi ancora, Giuseppe Valditara, il ministro dell’Istruzione, che sui risparmi programmati degli uffici scolastici regionali è costretto a spiegare: le bollette energetiche sono impennate nell’ultimo anno, così tagliare è difficile. Se ne leggono a decine, di questi piccoli e grandi alibi, sfogliando la relazione sul monitoraggio degli obiettivi di spesa 2023-2025 firmata da Giorgetti lunedì scorso. Una dieta dimagrante destinata a farsi ancora più ferrea, con la nuova cura imposta dal governo, e ad alcuni ministeri già suona indigesta così. 

La relazione

Nella relazione inviata alla Ragioneria dello Stato a metà aprile, ad esempio, la Farnesina lamenta di dover pagare il conto più salato. Nel 2024 il ministero di Antonio Tajani deve risparmiare 76 milioni di euro, per il 2025 i tagli saliranno a 94,9 milioni. Non proprio spiccioli, per un ministero che sarà senz’altro interessato dai tagli sulla spesa discrezionale su cui è in pressing Giorgetti. E infatti i diplomatici ai vertici annotano puntuti: «L’importo è corrispondente a quasi il 3 per cento del bilancio della Farnesina, incidenza di gran lunga più elevata di quella degli altri ministeri». Brucia la sforbiciata alla Cooperazione allo sviluppo, finanziamenti che «rappresentano da soli più del 20 per cento del bilancio complessivo» e, per inciso, dovrebbero servire a sostenere l’ambizioso Piano Mattei, la roadmap di investimenti e accordi con l’Africa su cui scommette la Meloni-diplomacy.

Beninteso, dalla dieta dei conti non sfugge nessuno. Anche la scuola deve stringere la cinghia: al ministero di Valditara sono chiesti 45,2 milioni di risparmi per quest’anno, 49,2 per il 2025. Dove tagliare? Un po’ rivedendo i servizi erogati: ad esempio i programmi di spesa per gli asili nido, un settore ormai finito sotto l’ombrello del Pnrr. A qualcosa si deve rinunciare, spiega il ministero, nei programmi di formazione e aggiornamento del personale scolastico (un milione di euro in due anni), pur con cautela perché sono programmi richiesti dal Recovery europeo e una stretta eccessiva può risultare «nel mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr».

L'emergenza sbarchi

L’anno scorso è stato il Mef a fare la parte del leone, sobbarcandosi il grosso dei tagli. Salato il conto richiesto ora al ministero dell’Interno di Matteo Piantedosi: quasi duecento milioni di euro da qui al 2025. Si partirà dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, al centro di un rovente dibattito politico, con un milione e mezzo di euro di tagli al relativo fondo. Altrettanti soldi si dovranno risparmiare per «il servizio di interpretariato» e i «gettoni di presenza» delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, una per ogni Regione.

Mentre il ministero frena sui tagli richiesti al Fondo per l’accoglienza dei minori non accompagnati: più di 22mila quelli censiti in Italia nel 2023. Un onere gravosissimo per le casse dello Stato che però, con un’altra estate caldissima sul fronte degli sbarchi in arrivo, «rende complicato il raggiungimento dell’obiettivo di risparmio». Per il resto, i ministri si dichiarano tutti in regola con la tabella di marcia.

Anche il Guardasigilli Nordio che deve fare i conti con ingenti risparmi di cassa. In due anni, 184 milioni di euro. Costano ancora troppo le intercettazioni e per questo via Arenula farà scattare presto il listino dei prezzi bloccati previsto dalla riforma Cartabia. Ma qualcosa si risparmierà anche, confida il ministero, grazie alle proposte di legge della maggioranza per mettere un tetto alla «durata complessiva delle operazioni di intercettazione».

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